Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge affronta il tema delicato dell'attività di ricerca, di estrazione e di raccolta di campioni di rocce, minerali e fossili a scopo collezionistico. In particolare, con la presente proposta di legge si opera un riordino della disciplina con l'obiettivo di tutelare i reperti, di valorizzare l'attività dei ricercatori e di consentire la cooperazione tra istituzioni e privati. Occorre ribadire come l'attività degli appassionati abbia consentito, in diverse occasioni, di recuperare alla collettività beni di eccezionale interesse scientifico, come nel caso del dinosauro di Avellino, unico reperto al mondo del quale si sono conservati allo stato fossile anche gli organi interni. Parimenti è inutile conservare uno stato di incertezza giuridica su reperti che non rivestono alcun interesse scientifico e che spesso sono destinati alla distruzione da parte dei cavatori.
      Tutta la materia è oggi disciplinata dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nella quale sono confluite parte delle norme stabilite dalla originaria legge n. 1089 del 1939. Tale legge tutelava in realtà, in linea generale, le cose di interesse storico ed artistico, e la medesima tutela è stata ribadita nel citato codice, ma tutte le associazioni che si occupano di fossili e di minerali hanno espresso un unanime giudizio di inadeguatezza di questa disciplina. Questa posizione era stata confermata dalla cosiddetta «circolare n. 63/STRAP» del 15 febbraio 1999 con la quale il Ministero per i beni e le attività culturali aveva tentato di superare l'impostazione della citata legge n. 1089 del 1939 immaginando di costruire un rapporto tra il Ministero e coloro che praticavano la ricerca dei materiali di cui si tratta. Malgrado lo sforzo in questo senso, l'iniziativa

 

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non ha avuto successo e di fatto oggi la situazione è immutata. Oggi, come in passato, coloro che ricercano i fossili, solitamente all'interno delle cave, lamentano una ingiustificata arretratezza della normativa italiana rispetto alle corrispondenti normative nazionali degli altri Paesi europei. La ricerca, l'estrazione e la raccolta di campioni di rocce, minerali e fossili nel territorio nazionale produce oggi per il ricercatore italiano l'effetto giuridico di avere il semplice possesso del bene rinvenuto, mentre, negli altri Paesi europei, colui che ritrova tali beni acquista sugli stessi il diritto pieno di proprietà. A fronte di ciò in capo ai ricercatori italiani sussistono obblighi di comunicazione al Ministero per i beni e le attività culturali, in parte derivanti proprio dalla citata circolare, giudicati sproporzionati rispetto all'acquisto del possesso: da ciò si produce la conseguenza che l'attività di ricerca e di estrazione continua e che nessuna comunicazione in merito perviene al Ministero, che non è in grado di salvaguardare beni che potrebbero potenzialmente avere rilevante valore scientifico. Occorre, perciò, affrontare con concretezza e realismo questo tema, sicuramente salvaguardando il superiore interesse nazionale alla tutela dei beni di interesse storico, archeologico e paleontologico, ma, al contempo, prevedendo una disciplina che sia in grado di produrre un giusto equilibrio tra l'interesse dello Stato e quello del ricercatore. A questo fine l'articolo 7 della presente proposta di legge attribuisce la proprietà del bene rinvenuto a chi lo ha trovato, se esso non costituisce materiale di interesse scientifico per il Ministero per i beni e le attività culturali. Solo così i ricercatori saranno seriamente motivati a collaborare con il Ministero stesso, dal momento che, a fronte di un importante sforzo di comunicazione, essi potranno vedere riconosciuta la proprietà sui beni rinvenuti che non interessano la comunità scientifica. È opportuno osservare che all'interno delle cave, principale sede di raccolta e di estrazione dei minerali e dei fossili, il proprietario della cava è legittimato a distruggere i reperti per scopi commerciali, gli è lasciata la facoltà di far entrare i ricercatori e di consentire loro di estrarre i reperti, ma a questi ultimi deve poter essere consentito di acquisire la proprietà dei beni rinvenuti altrimenti destinati a diventare materiali di edilizia. Naturalmente, introdotta questa innovazione, occorre limitarla in modo che, da un lato, l'attività di ricerca e di estrazione non leda l'ambiente e, dall'altro, non contrasti con il superiore interesse pubblico dello Stato di rimanere unico proprietario dei beni che abbiano reale interesse scientifico. Inoltre occorre che tali limitazioni siano previste e garantite in sede locale per non rimanere, di fatto, lettera morta come succede oggi.
      Per questo motivo la presente proposta di legge prevede una disciplina immediatamente applicabile, salva la facoltà per le regioni di intervenire con norme più restrittive. Allo stesso tempo, per i ricercatori gli articoli 5 e 6 prevedono l'obbligo di richiedere l'autorizzazione e di presentare una relazione annuale sull'attività svolta. Questi adempimenti consentono al Ministero per i beni e le attività culturali di poter monitorare l'attività sul territorio, eventualmente giovandosi dell'ausilio di enti di ricerca, musei e università, cui le regioni stesse abbiano delegato l'istituzione delle apposite commissioni per il vaglio delle autorizzazioni e delle relazioni. Tali commissioni giudicano, entro un anno dalla presentazione delle relazioni, se sussiste l'interesse scientifico rispetto al materiale indicato. Se il ricercatore non riceve alcuna notizia dalle commissioni entro tale termine, egli acquista la proprietà dei beni indicati nella relazione. Attraverso questo procedimento si consente alle commissioni di svolgere il loro compito in tempi adeguati e si riconosce ai ricercatori il valore della loro opera.
      Gli articoli 8 e 9 contengono alcune prescrizioni a tutela dell'ambiente.
      L'articolo 4 prevede che nelle aree in cui è vietata l'attività di estrazione e di raccolta di minerali o di fossili, tale attività possa essere comunque consentita sulla base di apposite disposizioni del Ministro per i beni e le attività culturali. Il medesimo articolo prevede, altresì, l'istituzione da parte delle regioni di aree
 

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protette entro le quali è vietata l'attività di ricerca, di estrazione e di raccolta di minerali e di fossili.
      L'articolo 14 riguarda la possibilità per le regioni di disciplinare le modalità di vigilanza sull'attuazione della legge e di accertamento delle infrazioni alle disposizioni della medesima. A tale proposito, nella consapevolezza della limitatezza delle risorse economiche, è possibile immaginare sistemi di accreditamento di associazioni di esperti ricercatori cui affidare l'attività di vigilanza sulla base di apposite autorizzazioni.
 

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